ste||arium

27.2.06

fotografia cinetica

Gand (Belgio), ottobre 2004

Ho ripensato alla storia della Camera toss e me ne sono fatto una ragione. L'idea di scaraventare in aria e di far roteare una macchina fotografica è originale, ma in fin dei conti non è niente di speciale. Non a caso l'ho avuta io. E probabilmente l'hanno avuta con me o prima di me altre persone. Ho digitato su Google la query "kinetic photography" e sono usciti fuori 417 risultati tutti riconducibili al bravo Ryan Gallagher. Il merito del nostro Ryan from Texas sta forse nell'avere cercato di codificare l'idea inventando la definizione di "fotografia cinetica" e mettendo a punto alcuni principi dogmatici che potrebbero stare alla base di questo nuovo stile fotografico. Che sia una forma artistica o meno non saprei rispondere, tuttavia ho scovato alcuni forum in rete dove ci si interroga sul valore di queste foto.

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26.2.06

Camera toss

12 giugno 2004

Ho dato un’occhiata a “Famiglia Cristiana” (n. 8 - 2006). La stavo sfogliando così tanto per fare quando, a pag. 116, un trafiletto mi ha colpito al cuore: «Quelle strane immagini al volo. Si chiama Camera toss l’ultima frontiera della fotografia digitale. È sufficiente impostare un’esposizione lunga e poi lanciare in aria la fotocamera; i risultati sono sbalorditivi (ma drammatici, se non riuscite ad afferrarla al volo!). Informazioni sul blog http://cameratoss.blogspot.com». Era l’aprile del 2003 quando con la mia camera Sony mi trovai a varcare involontariamente quell’«ultima frontiera della fotografia digitale». Ero con gli amici lungo i docks di Dublino quando mi venne in mente di impostare l’esposizione notturna sulla mia macchina fotografica, di inserire l’autoscatto e di arrotolare il cordino su se stesso. Una volta caricatolo come una molla, lasciai andare il cordino e nel mezzo della rotazione cinetica venne scattata una foto che mi colpì subito per la sua particolarità: ogni tratto del paesaggio era ritratto non come un punto isolato, ma come una linea continua che mi ricordava l’idea bergsoniana della durata. Non seppi che nome dare a questo procedimento, lo definii per ridere il metodo Pietro Ivaldi. Ma ora è spuntato Ryan Gallagher (Austin, Texas, Usa) inventore del metodo Camera toss che in America e nel mondo sta avendo un certo successo. Di lui ne parlano Washington Post e Der Spiegel. In una recente intervista Gallagher ha dichiarato: «I believe I shot the first one on Aug. 20th 2005».

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22.2.06

l'esercito del surf

Noi siamo i giovani, i giovani, i giovani. La Storia ci ha dato in default il compito di testimoniare il nostro tempo (prrrrrrufffffff). Nel caso specifico, dalle ore 14.55 del 21 maggio 1981 il tempo che non era mio improvvisamente ha cominciato ad appartenermi. Ne sono il suo custode. Fino a qui tutto normale. Ma è normale quando ci accorgiamo che una parte di noi vuole custodire allo stesso modo il tempo precedente al nostro? Io qui mi illudo di avere vissuto in prima persona gli Anni ’70. In questo gioco, che per qualche storico è un metodo di indagine, io provo a calarmi nella realtà del passato con la fede che questo Passato sia in effetti esistito. L’essenza di Siebel_boy, il mio alter ego, sta anche in questo. Forse Siebel_boy è il mio “io storico”.

20.2.06

Tour de France (Etape 1)

Mi piacciono perché sono polarizzanti. Il mare, cioè l’oceano Atlantico nei pressi di La Rochelle in Francia, il deserto del Sinai vicino alla costa del mar Rosso, o quello dell’Arabia Saudita ai confini con gli Emirati Arabi, denso di stabilimenti petroliferi come si vede grazie a Google Earth. E poi la summa perfetta e straziante delle due cose: il mare d’Aral. Un mare interno, al confine tra Kazakistan e Uzbekistan, che va prosciugandosi senza via di ritorno lasciando al suo posto il deserto… muore il mare d’Aral e mi fa stare male la sua agonia, ma del resto se non ci fosse stata questa agonia, questo brutale passaggio da mare a deserto, non me ne sarei mai innamorato.

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19.2.06

Alican Deval


L’isola delle Correnti (10700 risultati su Google) si trova all’estremo lembo sud della Sicilia proprio nel punto esatto in cui lo Ionio incontra il Mediterraneo. È collegata alla terra ferma da un breve braccio artificiale che per 15 metri è semisommerso dalle onde dei due mari che si scontrano. Quando lo Ionio è mosso il Mediterraneo dorme e viceversa. Pochi mesi fa mi trovavo in vacanza nel siracusano e mi capitò di affondare piedi e gambe in quella specie di guado; quel giorno lo Ionio era incazzato e allora tutti i bagnanti si erano indirizzati sulla sponda mediterranea. In tanti però ci ostinavamo a vincere l’incrocio delle due correnti e a percorrere con l’acqua che arrivava al bacino quel breve tratto che separava l’isola dalla terra ferma. Mi ritirai dopo poco più di sei metri tra gli opposti punti di vista e non raggiunsi mai l’isola. Ma ora so cosa vuol dire stare tra due mari.

16.2.06

Chi guarda il Giro del Qatar?

15.2.06

would you?

Ero al Macabre una sera e vidi The Sad Snowman (134 risultati su Google) salire sul palco. Una voce leggera e sensuale. Qualcosa di già sentito ma nel senso più nobile del concetto: come se una madeleine potesse rivelare il futuro. Da allora mi è rimasto dentro un certo sentimento tutte le volte che penso a quel concerto. Vorrei salire tutte le sere, salire su quel palco, sogno del resto di reincontrare presto The Sad Snowman e di parlare a lungo di musica con lui. Poi, verso la fine del sogno, sogno anche di suonare un pezzo con lui, uno solo. E nel sogno il pezzo l'ho composto io, si chiama Would you?... Chi ha tempo da perdere (e ama Stoccolma) può farsi un giro su questo piccolo roseo sito.

14.2.06

immortalità

Quando ero piccolo abitavo in aperta campagna e amavo il cemento. Scavavo tutto il giorno nella terra del giardino. Strade, svincoli, gallerie. Poi la sera mi portavo l'odore di terra fin dentro al letto e sognavo un eterno enorme cantiere che avrebbe reso eterni i miei sforzi trasformando tutto in cemento. Strade asfaltate, ponti di cemento, le colline intorno a casa ricoperte di cemento. Cemento cemento cemento. Adesso che sono pigro penso ai deserti. Il deserto sabbioso è l'antitesi del cemento. Sulla sabbia non puoi costruire nulla. E' inutile anche solo provarci. Quando scavi nella sabbia trovi solo sabbia e non puoi ancorarti a nulla. A pensarci bene il cemento si fa con la sabbia.

Las Arenas (Valencia)

11.2.06

la prego, siamo iblei

Una nave arrugginita giace su uno sfondo di pietre e arbusti, davanti passano tre cammelli. In quel luogo il mare si è ritirato da decenni. Ed ecco ritornare l’orrore: un’altra volta immagino il momento in cui l’acqua è scomparsa da sotto i piedi del mostro di ferro, ormai abbandonato a una morte secca. Avrà fatto rumore? Tunk? Che tipo di tunk? Qualcuno l’avrà sentito? E qualcuno era lì nell'istante in cui il mare di Aral si è diviso in due parti? E' durato mesi, secondi, anni quell'istante? Un lombrico sezionato? Siebel_boy ha assistito a tutto; quel giorno era lì con le caviglie affondate una spanna nell'acqua salata, dieci metri sotto al livello del mare del 1970. Non era ancora nato o al massimo aveva sei anni. Doveva essere uzbeko. Andassero a puttane i kazaki e la loro diga. Era il 1989, il muro cadeva a Berlino. Chi era Mosè? Un cinico, evidentemente, perché quando le acque si divisero lui non si schierò per l’uno o per l’altro mare, ci passò in mezzo. Ma il vecchio barbuto era a piedi e quando hai una barca non ragioni così. Siebel_boy prese la direzione sud e non camminò in mezzo a quella striscia di terra umida destinata a diventare un deserto. Affondò le caviglie prima dentro cinque, poi dieci, poi trenta, poi cinquanta centimetri d’acqua e infine saltò sopra la barca a remi. L’orizzonte era a sud-est e il sole tramontava. Non poteva essere lì, il sole, e comunque non ci aveva ancora pensato. Era giorno o notte?

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10.2.06

in every desert I came

(Foto di Raded Skrivanek presa da Photolucida.org)

Visto dall'alto il mare d'Aral era un cuore d'acqua piantato nel deserto sovietico. Ora però è quasi morto e io ne amo la parte definitivamente scomparsa. Centinaia di chilometri dove le onde brevi del lago si ritirarono lasciando sfitti i fondali e la loro vegetazione. Un deserto al posto del mare. Colpa forse della Nep, a fine anni '50 a Mosca decisero che il cotone rosso avrebbe soppiantato quello americano. Così l'acqua dei suoi affluenti fu deviata per irrigare le coltivazioni e l'Aral cominciò a prosciugarsi. A Muynaq, città portuale e balneare, videro il loro mare ritirarsi al ritmo anche di 20 metri al giorno. Quando la linea dell'orizzonte era ormai immobile, Siebel_boy credeva di vedere ancora acqua, ma era solo il riflesso del sole che si rotolava sulla sabbia arroventata. Siebel_boy aveva un sempre brivido quando provava a immaginarsi il rumore che facevano le barche abbandonate nell'esatto momento in cui l'acqua scompariva per sempre da sotto lo scafo e il metallo enorme toccava per la prima volta il fondo.

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8.2.06

4 a.m.

Caro Joshua, sappiamo (sì, lo sappiamo) che la vita è troppo corta. E' la legge del "mind the gap", ma le mine antiuomo esploderebbero anche sulla luna. Quando le stelle ti spruzzano veleno, allora dimmi, dov'è la tua voce? Cosa sarebbe se le pietre aprissero le loro fredde bocche? Ci sogneremmo mai di replicare? E poi tragico o brillante che sia, destino vuole dire sempre e solo una cosa. Non c'è niente di più futile dell'orgoglio del cappio, delle lacrime fino alla nausea. Io, ora, potrei pensare che stiamo toccando con mano gloria e sofferenze di un cuore moderno.

7.2.06

olympicraymi

Raymi the Minx (85 mila risultati su Google) gioca a fare la troietta, ma piace quando si fa gli autoscatti. Quando ho visto le sue foto ho pensato ad acqua purissima, quando l’ho sentita parlare in video no. Ma nel frattempo avevo già formulato e abortito l'idea di scrivere una canzone per lei visto che ci avevano già pensato i xxxx xxxx (bastardi). Raymi resta un mito, da cinema muto però. In Canada è "blog goddess". In Italia non la conosce nessuno. E io qui la sponsorizzo.

disarm

Once I saw this guy on a bridge about to jump. I said, "Don't do it!"
He said, "Nobody loves me." I said, "God loves you. Do you believe in God?"
He said, "Yes." I said, "Are you a Christian or a Jew?"
He said, "A Christian." I said, "Me, too! Protestant or Catholic?"
He said, "Protestant." I said, "Me, too! What franchise?"
He said, "Baptist." I said, "Me, too! Northern Baptist or Southern Baptist?"
He said, "Northern Baptist." I said, "Me, too! Northern Conservative Baptist or Northern Liberal Baptist?"
He said, "Northern Conservative Baptist." I said, "Me, too! Northern Conservative Baptist Great Lakes Region, or Northern Conservative Baptist Eastern Region?"
He said, "Northern Conservative Baptist Great Lakes Region." I said, "Me, too!"
Northern Conservative Baptist Great Lakes Region Council of 1879, or Northern Conservative Baptist Great Lakes Region Council of 1912?"
He said, "Northern Conservative Baptist Great Lakes Region Council of 1912." I said, "Die, heretic!" And I pushed him over.

источники

please, rec this dream

Adesso voglio dormire e fare un sogno bellissimo con dentro una canzone mia bellissima(!), poi voglio subito svegliarmi (già perché quante canzoni avrò già perso continuando a dormire e a fare altri sogni insulsi?) e registrarla. È un po’ la mia ossessione quella di riuscire a registrare il pezzo, anche i sogni l’hanno capito, e giocano a farmi credere di essere sveglio mentre accendo il registratore. Così io felice salvo il pezzo della mia vita per poi scoprire, una volta veramente sveglio, di non aver nessuna registrazione e soprattutto di essermelo dimenticato. 9 sett 2003

6.2.06

I rumori del mercato arrivano da dietro la tenda. Distinguo le urla dei venditori e le frenate delle auto. Bizzarro, come lo è verso nord, il tempo belga si diverte a illudere di sole il popolo fedele della Batte per poi assestargli un letale scroscio di pioggia. Nessuno però sembra fare il sorpreso. Di questo è fatto questo tempo, il nostro tempo del cazzo, e a noi cresciuti sotto un cielo grigio e umido per 250 giorni all’anno non ci resta fare spallucce. Chissenefrega delle nostre infinite domeniche rovinate e delle nostre bronchiti croniche, sono i nostri cromosomi che hanno scelto di vivere qui, in questo angolo di tristezza ben pagata. La sofferenza degli stranieri emigrati dal sud ci è ben chiara e ci dà una certa soddisfazione: questi volti scuri e avulsi non vengano a chiederci nulla sulla nostra essenza, tanto non potremmo che ribadire: la risposta è nel tempo. 8 magg 2005

troppo barthes fa male

Performance: Autoritratto segreto con la videocamera.
Personaggi: Operator, Spectator.
Strumenti: camera, specchio, i miei occhiali, le mie lenti a contatto.
Strumenti esterni: una videocamera per riprendere la performance.
Premessa uno: tutto ciò che l’Operator vede passa essenzialmente attraverso l’obbiettivo della camera.
Premessa due: tutto ciò che lo Spectator vede è esclusivamente riflesso sullo specchio.
Distinguo: assumiamo che lo Spectator non sia l’Operator, bensì la videocamera.
Primo requisito necessario: ciò che la camera inquadra deve essere ciò che l’Operator vede, ovvero che si tratti di un autoritratto.
Secondo requisito necessario: lo Spectator non deve essere a conoscenza del primo requisito.

Prova 1:
Piazzo la camera davanti allo specchio, l’occhio destro è applicato all’obbiettivo, l’occhio sinistro è rigorosamente chiuso.
Che cosa vedo?
Vedo la mia immagine riflessa allo specchio dietro la camera.
Primo requisito soddisfatto: ciò che io vedo è ciò che la camera inquadra. È un autoritratto.
Secondo requisito insoddisfatto: lo Spectator non è a conoscenza del primo requisito, ma intuisce per ragionamento logico che si tratta di un autoritratto.

Prova 2:
Con i miei occhiali.
Piazzo la camera davanti allo specchio, l’occhio destro è applicato alla lente dei miei occhiali che a sua volta è applicata all’obbiettivo, l’occhio sinistro è rigorosamente chiuso.
Che cosa vedo?
Vedo la mia immagine con i miei occhiali riflessa allo specchio dietro la camera.
Primo requisito insoddisfatto: ciò che io vedo non è ciò che la camera inquadra, dal momento che io ho i miei occhiali e la camera no. Dunque non si tratta di autoritratto.
Secondo requisito soddisfatto: lo Spectator non è a conoscenza del primo requisito e non può intuirlo per ragionamento logico, dal momento che risulta insoddisfatto. In pratica NON può sapere che NON si tratta di autoritratto.

Prova 3:
Metto i miei occhiali alla videocamera.
Piazzo la camera davanti allo specchio, l’occhio destro è applicato all’obbiettivo, i miei occhiali sono sovrapposti all’occhio della camera, l’occhio sinistro è rigorosamente chiuso.
Che cosa vedo?
Vedo la mia immagine riflessa allo specchio dietro la camera con i miei occhiali.
Primo requisito soddisfatto: ciò che io vedo è ciò che la camera inquadra.
Secondo requisito insoddisfatto: lo Spectator è da subito a conoscenza del primo requisito, dal momento che vede i miei occhiali indossati dalla camera.

Prova 4:
Indosso le mie lenti a contatto.
Interruzione prova 4: mi sono stufato.

Risultato performance: confuso.
18 giu 2005; denaft 6 febb 2006

Fuoristrada russo con ferrovia dismessa in Caucaso

sei meno cinque

Guardo alla mia destra, dallo sbieco del finestrino conto i quattro binari diventare sei. Ora la ferrovia si è appena biforcata: ingorda, la linea per Milano se ne prende cinque, mentre quella del mio treno locale si accontenta della piccola trincea in cui viaggiamo e mi pare che non se la stia a prendere troppo. Del resto lei sa di dover asservire una spola minore, fatta di passaggi sotto l’ora, di passaggi a livello su strade sterrate e stazioni con annesso pollaio. Sa di dover obbedire un paesaggio poco loquace/, ritmo di pioppi schierati in battaglione/, e in alto ci sono i castelli/ che danno ordini come i generali di Napoleone. “Tango. Se mia madre decide di andare è tassativo che ci vada”. Pragmatica alle mie spalle, una donna passa in rassegna la rubrica del telefono chiamando a rapporto i suoi contatti per amabili conversazioni in assenza di fantasia. Cielo assente per il mio ritorno a casa: la primavera è una svolta che risale già all’altro ieri.
26 marzo 2005; denaft 6 febb 2006

ah, se gioiosa jonica fosse un soviet


.... quella canzone… è la mia quinta (?) canzone sognata. Delle altre quattro, soltanto due sono riuscito a trasportarle nella realtà, e l’effetto naturalmente è stato molto meno coinvolgente che nel sogno. Devo forse credere che ci siano due diversi livelli emozionali? Da un certo punto di vista sono forse meglio le canzoni dimenticate nel sonno di cui mi è rimasta soltanto un’impronta di bellezza assoluta ma inafferrabile, in pratica la stessa sensazione di quando ascolto alla radio in ore notturne e senza intro-dj un pezzo datato e sconosciuto stupendo di cui già so che non potrò mai risalire all’autore e quindi riascoltarlo. E direi che qui sta la mia gioiosa tragedia ionica. Ora che ci penso però potrei andare su Songtapper. 9 sett 2003; denaft 2 febb 2006

anni luce fa è nata una stella

Noris Pella è il mio mondo, Stellarium la mia stanza. Noris Pella è tratto dal frontespizio di un’enciclopedia anni ’70 che da piccolo (e anche ora, lo ammetto) sfogliavo con devota meraviglia. Mondi nuovi, universi da scoprire mi si paravano d’innanzi, quale migliore carburante per la mia fantasia. Per la precisione la voce Noris sta per Assia Noris, attrice di film muti (e non) che hanno riscosso un certo successo negli anni ’30, mentre Pella era la capitale di quel grande regno messo in piedi da Alessandro Magno. La parola Stellarium esiste eccome (su Google 484 mila risultati), ma per me è un un gioco di parole, non ci si abbronza, ma ci si rischiara alla luce delle stelle… a proposito, anche Noris Pella ha nel suono delle parole un che di sidereo. Stellarium è anche la notte di Baghdad vista attraverso l’obiettivo della CNN con le telecamere a infrarossi che trasformano i raid arerei in una costellazione intermittente di pianeti color verde. Stellarium è un discorso ampio e non definito, vuol dire tutto e niente, c’è il filo conduttore della guerra. È una guerra spesso metaforica, insita nelle pieghe della vita, la guerra di ruoli nella nostra recitazione quotidiana (The ditch), la guerra ripetitiva del lavoro (Timeaftertime), la guerra di chi per lavoro tenta di fare della corretta informazione (What a sun!), la guerra intestina dei sentimenti in amore (Nicosong), la guerra dei pionieri e degli israeliani (Sold far west). Guerra è anche il suo rovescio, inazione: motivi fuori dal tempo (Stars apart), rimpianti datati che urlano il loro irreversibile (Unchained love: it strikes again), ritagli di sogno adatti per i titoli di coda del solito film psicologico (As being twins), ma anche inni alla vita (Safety-life), all’amore (Is a miracle your name), alla musica (Empty record). 8 sett 03

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