sei meno cinque
Guardo alla mia destra, dallo sbieco del finestrino conto i quattro binari diventare sei. Ora la ferrovia si è appena biforcata: ingorda, la linea per Milano se ne prende cinque, mentre quella del mio treno locale si accontenta della piccola trincea in cui viaggiamo e mi pare che non se la stia a prendere troppo. Del resto lei sa di dover asservire una spola minore, fatta di passaggi sotto l’ora, di passaggi a livello su strade sterrate e stazioni con annesso pollaio. Sa di dover obbedire un paesaggio poco loquace/, ritmo di pioppi schierati in battaglione/, e in alto ci sono i castelli/ che danno ordini come i generali di Napoleone. “Tango. Se mia madre decide di andare è tassativo che ci vada”. Pragmatica alle mie spalle, una donna passa in rassegna la rubrica del telefono chiamando a rapporto i suoi contatti per amabili conversazioni in assenza di fantasia. Cielo assente per il mio ritorno a casa: la primavera è una svolta che risale già all’altro ieri.
26 marzo 2005; denaft 6 febb 2006
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