ste||arium

30.6.06

xyz


Camera nella penombra, il sole delle 4 p.m. filtra appena dalle persiane chiuse. Improvvisamente mi torna voglia di fare quella cosa là con la macchina fotografica digitale. Imposto un tempo di esposizione leggermente più lungo e l'autoscatto, avvolgo a spirale la cordicella e poi lascio andare; la Nikon gira vorticosamente su se stessa, così facendo i punti di luce (tre spie del computer colore giallo, blu e rosso) si ripetono in modo caotico oppure si allungano in un continuum spaziale.

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19.6.06

web-radici

Aahhh, le paradisiache visioni del web. Che bel paesaggio, il web! Pensa, fino a 5 minuti fa il tuo computer era disconnesso dalla rete, viveva quindi nel suo presente di ignoranza e autismo all’oscuro del Grande Fluire. Adesso sei qui a guardare il web come se fosse il mare, nello stesso modo in cui un giorno hai guardato il Mediterraneo dal parapetto di quel viale che porta alla stazione di Agrigento. Il fatto è che ti è venuta voglia di buttarti in quel mare; così, aprendo Stellarium, sei entrato a fare parte dell’onnicomprensivo paesaggio della rete. Questo spazio, nemmeno tuo, questo spazio che ti ospita, è la carta d’identità che sancisce la tua appartenenza alla Serenissima Repubblica di Internet. Un giorno, partendo proprio da qui, inizierai un viaggio che ti porterà nei più remoti angoli della rete, riderai, amerai, ti perderai, forse proverai malinconia. E poi come d’incanto riconoscerai un cespuglio nel deserto del mare d’Aral, un minuscolo segno della tua presenza nel paesaggio infinito della rete; sarà la chiave per tornare a casa nell’unico luogo che prima di ogni altro hai creato, nella casa di Stellarium, le tue radici, la tua web-ancora che esiste per sognare di fermare questo grande fluire.

Post Scriptum: Stellarium è on-line come i sogni sono on-sleep, se nella mia camera da letto cerco prove tangibili della loro esistenza non ne trovo.

10.6.06

Ni tu ni nadie (puede cambiarme)

Ripenso a un anno fa, la sera del matrimonio di Umberto e Beatriz a Valencia: l'ultima volta che ho ballato, che ero innamorato, un momento di felicità rara. Mi dimeno in mezzo alla pista, in mezzo a sconosciuti che parlano spagnolo, non penso a nient'altro, l'alcool mi scorre dentro. Difese basse, non ho alcuna diffidenza: lascio la porta aperta agli anni '80, vengo presto travolto da un treno diesel su cui viaggia una chitarra elettrica che suona vintage e insieme c'è pure una compagnia di violini appena usciti da una scuola di geometri. Sono capitato in mezzo a una scelta revival del dj ormai vicino ai 50 e mi commuovo. Avvicino la testa ciondolante alla consolle e con poca grazia gli pregunto qualcosa in castigliano: una vecchia hit degli Alaska, dice. Ni tu ni nadie risale al 1984, Franco il caudillo era morto da 9 anni, si era in pieno boom economico. Mi piace pensare che per certi quarantenni spagnoli questa canzone possa rappresentare quello che per gli italiani di ieri è stato Gino Paoli. Io non ho nessun dubbio: è la mia Sapore di Sale.

Dónde esta nuestro error sin solucion
Fuiste tu el culpable o lo fui yo
Ni tu ni nadie, nadie puede cambiarme
Mil campanas suenan en mi corazon
Que dificil es pedir perdon
Ni tu ni nadie nadie puede cambiarme

(Eva y Mamen, merci pour m'avoir aidé à retrouver-la)

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2.6.06

combat manifesto sul tempo
(il domani è meglio prenderlo a calci)

Cammino per via Rossini, rasente il muro della Rai di via Verdi. Il marciapiede è stretto, il tram 18 mi sfreccia a pochi centimetri dal fianco sinistro. Scanso un signore anziano poi una donna sola che distratta finisce sulla mia traiettoria, forse nemmeno la vedo. Cammino a testa bassa, punto il terreno e tiro un calcio. Giaceva immobile in mezzo alle pietre lisce, un colpo deciso con la suola del destro e si alza in volo in un turbinio circolare. Osservo le sue evoluzioni, da lui proviene un’unica espressione che non dura non più di una frazione di secondo, ma è come se davanti a me ci fosse il ghigno immutabile di Clint Eastwood che mi urla: “3 giugnoooooo!”. E’ un foglio colorato in carta plastificata, porta stampata la data di domani. Ho dato un calcio a un foglio con la data di domani e lui ha reagito come quando coi bastoncini di legno provochi un falò pigro: con vitalità e sdegno. Il pezzo di cellulosa è poi ricaduto faccia a terra sul marciapiede dove, se per caso ci arriva, morirà irrimediabilmente domenica 4 giugno. Prendi a calci il domani, torturalo con un bastoncino di legno: vedrai che per un attimo darà il meglio (fossero anche solo scintille e fumo). Ma fottitene delle sue promesse e lui sarà morto prima ancora di cominciare.

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